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Brancato Giovanna: cucinare alla tolfetana

Le ricette dei Monti della Tolfa. Molte delle ricette fanno parte del menù offerto dal ”Casale dell’Acqua Bianca”.

Abbellito dai deliziosi disegni dei piccoli alunni delle classi 2.e elementari delle insegnanti Stefania Riversi e

Maria Mollica, questo bel volumetto, bene impaginato e - diversamente da quanto accade per gli usuali libri di ricette - di scorrevole e piacevole lettura, è stato fortemente voluto dalla “Pro Loco” di Tolfa e dalla sua Presidente Cassandra Orchi. Come osserva nella breve prefazione l’on. Vincenzo Maria Vita, Assessore alle Politiche Culturali della Provincia che ne ha finanziato la stampa, il libro di Giovanna Brancato si affianca a pieno titolo agli altri strumenti di studio antropologico, contribuendo a completare il quadro di una società - quella tolfetana - dalle particolari caratteristiche socio-economiche, con la sua flora e fauna ancora intatte che consentono l’utilizzo alimentare di una serie di prodotti tipici: dai funghi porcini al tartufo nero estivo, dagli “abbojele” agli asparagi selvatici, dal cinghiale all’abbacchio alla carne di bovini maremmani allevati allo stato brado o semi-brado. Ma non si tratta di storicizzare una serie di costumi desueti, poiché le ricette tolfetane sono in buona parte attualissime: basti pensare alla famosissima “acquacotta”, o alla meno nota “mentucciata co’ le patate da monna’”, ai ”biscotti di sant’Egidio” (sant’Egidio è il patrono della cittadina), all’imperituro pane tolfetano, pochissimo salato e di grano duro. Si tratta piuttosto, come osserva Cassandra Orchi nella seconda presentazione, di divulgare queste preziose tradizioni tra i giovani perché ne facciano tesoro e le custodiscano ritrasmettendole a loro volta. Il volume è introdotto da alcune brevi ma importanti notazioni antropologiche sulla cultura silvo-pastorale e sulla “cucina povera”, mentre ogni ricetta è preceduta o accompagnata da osservazioni che ne illustrano le motivazioni e la storia. Le ultime pagine sono occupate dalle schede delle erbe commestibili che si trovano in natura sul territorio di Tolfa, elegantemente illustrate dagli acquerelli di Francesca Bracaglia. Non soltanto, ma, ove possibile, alcune ricette sono state accompagnate dalle poesie “a braccio” di poeti locali, e non tanto per affermare una valenza letteraria che pure talora affiora, ma per documentare come questo modo di cucinare sia connaturato alla società locale tanto da divenire oggetto di attenzione poetica. Una piccola perla: la riproduzione di una lettera datata 5 ottobre 1941 dell’arciprete di Tolfa al cavalier Giulio Serafini (bisnonno dell’Autrice), proprietario della fabbrica di pecorino romano denominata “La Caciara”: don Silvio Pierantozzi si rivolge al cav. Giulio Serafini chiedendogli di acquistare una forma di pecorino “di qualunque peso” specificando che il proprio stato di salute non gli consente “di mangiare altro”. Il pecorino dei Serafini d’altronde era così pregiato da essere esportato negli Stati Uniti.
Ci piace infine chiudere questa recensione con le parole che Eugenia Serafini ha usato per introdurre
“poeticamente” il volume: «Partivano di notte uomini e ragazzi. Partivano con la luna alta nel cielo e le stelle che brillavano ancora ma, se pioveva e il freddo gli gelava le mani e gli tagliava il viso, partivano lo stesso, senza lamentarsi, portando con sé le coppie profumate del pane tolfetano che li avrebbe confortati per tutta la settimana, cacio, aglio, cipolla e lardo e i più ricchi, anche l’olio nel corno di bue, salcicce e qualche brocca di vino.
Tutto il resto veniva dalla terra: la cicoria e gli asparagi, i prugnoli e le vitabbie e allora non c’era bisogno di portarsi nient’altro: bastava il coltello a serramanico, il somaro e la bisaccia...».
Molte delle ricette fanno parte del menù offerto dal ”Casale dell’Acqua Bianca”. Il volume è andato esaurito nell’arco di pochi mesi: potremo sperare in una ristampa? Giovanna Brancato infatti ha compiuto un lavoro non soltanto estremamente utile da un punto di vista antropologico e di conservazione e valorizzazione delle tradizioni locali, ma anche un’opera appetibile per un vastissimo pubblico.









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